Nelle donne c’è spesso il timore di non essere tutelate a sufficienza. Serve un forte aiuto per uscire dal trauma.

Purtroppo, per le persone vittime di violenza sessuale la questione non si conclude con la presa di consapevolezza del problema e con la denuncia. C’è da andare avanti, da arrivare in tribunale, da raccontare più e più volte la storia di come qualcuno abbia marchiato per sempre la loro vita. Ci vuole coraggio e a volte avere qualcuno che possa accompagnarle in questo lungo percorso tenendole per mano è fondamentale. È ciò che può permettere a chi ha subìto abusi di portare a termine il percorso, di non ritirare le accuse.

È difficile per loro ma è difficile anche per i legali chiamati a difenderli: quando ricevi un “codice rosso” trovi davanti a te uno sguardo impaurito, due mani che si sfregano insistentemente, quasi a consumarsi, la voce tremolante e una postura in atteggiamento di chiusura. Quando chi viene da te ha deciso di farlo è perché ha fatto una scelta, che non sempre è determinata e convinta, ma lo era senz’altro nel momento in cui ha composto il numero e preso appuntamento. L’ultima era una ragazza giovanissima, convivente da pochi mesi con un ragazzo di cui era fortemente infatuata. Prima ancora di raccontarmi quello che le era accaduto ha premesso: “forse ho esagerato.” Diversamente da altre, lei è venuta da me dopo aver già sporto denuncia. Temeva di aver ingigantito il racconto, quasi a volersi tirare indietro, ridimensionando quanto subito. Eppure quando ha iniziato a raccontarmi gli episodi di sopraffazione psicologica e poi le aggressioni fisiche e verbali quanto riportato nella querela non sembrava affatto privo di fondamento. La domanda successiva, nel suo come in altri casi, è stata “posso tornare indietro?”. E poi “cosa succede adesso?”. Sussiste il timore di non essere tutelata abbastanza, di poter subire altro. L’incertezza che quei fatti non si interrompano neppure con l’intervento delle autorità. La certezza di essere una vittima e la paura di dover subire una vittimizzazione secondaria, perché accade anche quello e oggi ne sono consapevoli anche le donne. Detto questo, il ruolo dell’avvocato in casi come questi serve a garantire una difesa adeguata, ma ciò che ruota attorno non è circoscritto all’ambito giuridico. C’è un sistema che si innesca attorno alla persona, che vede attive e collaborative altre figure e altre realtà, come i centri antiviolenza, indispensabili per offrire tutela e attivare percorsi di sostegno psicologico affinché la vittima esca da un trauma, che non è solo fisico. Le ferite non sono visibili per la maggior parte di esse.

Articolo pubblicato su Il Tirreno dell’ 08-11-2022