Grosseto ha un problema ed è di ordine “sociale”. Oramai è conclamato il fatto che questa Amministrazione si disinteressi di ciò che accade là fuori. Non c’è un programma, una progettualità, una visione che vada oltre il doversi attivare quando i fatti oramai sono accaduti e sotto gli occhi di tutti. E non c’è orario, né quartiere che si salvi dal degrado che invade la città.  Abbiamo assistito, nei mesi scorsi, ad episodi di bullismo sulle mura medicee; leggiamo di ciò che accade nelle vie incriminate di via Roma, Palazzo Cosimini e limitrofe;  apprendiamo di cosa accade in pieno centro, in un primo pomeriggio, di un giorno di festa. Il problema della sicurezza va di pari passo con le politiche sociali e se queste sono pressoché inesistenti, allora la sicurezza sarà sempre e solo intesa come repressione e mai come prevenzione. C’è un disagio evidente. E non diamo più neppure la colpa alla pandemia. Siamo usciti tutti lì fuori da tempo, magari portandoci dietro i nostri malumori e le nostre inquietudini. Ma cosa accadrà se la città continuerà a perdere il controllo? Il Comune deve decidere di attivarsi seriamente e concretamente attraverso progettualità che coinvolgano il tessuto sociale, dalle periferie al centro cittadino. Prevenire significa Informare, non solo sensibilizzare. Le politiche di sensibilizzazione servono ad accentrare l’attenzione su un problema. Quelle informative servono a consapevolizzare la cittadinanza. Partire dai contesti familiari più disagiati per dare supporto e sostegno a quei genitori che da soli non riescono e si sentono abbandonati e unici responsabili. Continuare nei contesti di aggregazione sportiva, cercando la collaborazione di istruttori, allenatori, società sportive, in un dialogo volto a far crescere giovani atleti e giovani menti. Creare luoghi di incontro tra generazioni;  far sì che i contesti sociali si uniscano in reciproci scambi di crescita interpersonale. Invece restiamo impantanati a voler per forza creare un “salotto” e oramai non si riesce più ad individuare dove, posto che ci siamo giocati anche il centro storico. Restiamo fermi sulle nostre convinzioni, temendo il nascere di nuovi contesti, soltanto perché lontani dai nostri. Ci dimentichiamo che è dal basso che si costruiscono le basi di una comunità. Forse dovremmo soltanto scendere dalle nostre confort zone, non pensare che siano problemi di altri, perché tanto non ci riguardano; fermarci a riflettere, senza giudicare senza conoscere. Cosa potrebbe fare una buona amministrazione? Andare a scuola a portare una testimonianza di cittadinanza, costituzione e legalità; prevedere giornate di confronto con gli amministratori della Città. Amministrare e gestire una comunità uscendo dai portici del Palazzo del Consiglio Comunale, percorrendo le strade delle periferie e chiedendo ai Dirigenti Scolastici di poter andare a parlare con alunni e docenti ed anche con i genitori. Solitamente i rappresentanti delle Istituzioni vengono invitati, quali ospiti speciali, in ricorrenze particolari. Siamo abituati ad attendere che i problemi ci sovrastino per attivarci. Forse dovrebbe muoverci esattamente in direzione contraria. Il Comune chieda di andare a scuola. Partiamo dall’educare le menti e dall’informare dai rischi di una scelta, prima che le scelte “sbagliate” ci cadano addosso inaspettatamente. Creiamo opportunità. E’ tempo di uscire dai social, dove tutto è più facile. Facciamo un selfie con le realtà, quelle senza filtri ed inauguriamo un modo diverso di affrontare i problemi, iniziando a non ignorarli.

GABRIELLA CAPONE

CONSIGLIERA COMUNALE PARTITO DEMOCRATICO