Inclusione, disabilità e neurodivergenze.
PREMESSA
Qualcuno mi ha fatto riflettere sul termine “disabilità”.
Mi è stato fatto notare che si tratta di una parola che deriva dall’inglese “disabled” e che significa “disabilitato”, che secondo il dizionario della lingua italiana letteralmente assume questo significato: privato della possibilità di.
Dunque la – disabilità – dovrebbe essere generalmente intesa come un vincolo imposto dalla Società che non crea, in molti casi, le condizioni affinché tutti possano esprimersi e vivere liberamente la loro vita così come è.
Interessante definire cosa sia “normale”, cosa è la “normalità”. Qualcuno mi ha detto che quando si cerca di attribuire un significato a questa parola si cade in un “fraintendimento semantico”. Non esiste modo di definire la – normalità -.
“Siamo un ventaglio di variabili infinite”. E’ un’affermazione di una persona che stimo molto e la cui conoscenza mi ha arricchito tantissimo.
Io ho aggiunto: siamo un miscuglio di ingredienti, che poi questi ingredienti siano la ricetta perfetta per qualcuno o non lo siano per altri… semplici punti di vista a mio avviso.
“Più la società si evolve e più ci differenziamo”, mi ha detto sempre lei. E’ proprio così.
Ditelo a chi pensa che sia tutto bianco o grigio. Ditelo a chi resta ancorato a stereotipi e preconcetti.
Ognuno è se stesso. Nessuno è speciale più di qualcun altro.
Non è necessario dover cercare la comprensione dell’altro e dover pretendere che gli altri ci comprendano, né avere la presunzione di saper capire l’altro.
Semplicemente dovremmo ACCETTARE noi stessi e gli altri. RISPETTARE.
E’ questo, secondo me, il vero significato del termine “inclusione”.
Le rubo un’altra frase: “l’umanità è plurale” ed è in questa pluralità, aggiungo sempre io, che la normalità si dissolve e si alimenta delle peculiarità altrui.
IMMEDESIMARSI NEI BISOGNI ALTRUI
Qualcun altro mi ha spinto a pensare “oltre” ciò che nel quotidiano affronto nella mia personale concezione di quella che è la vita che mi accingo a vivere, e a cercare, anche solo per qualche istante, soltanto con l’intento – e non la presunzione – di cercare di immedesimarmi nei bisogni.
Ci sono necessità concrete che una persona disabile avverte e che non sono prese in considerazione. Si pensi, ad esempio, ad una persona che necessita di assistenza costante. Questa persona sarà sempre in compagnia di familiari o assistenti. A questa persona è garantita una privacy?
Infermieri ed assistenti domiciliari che non possono lasciare sole queste persone, quasi in nessun momento della giornata, hanno un obbligo deontologico di rispetto della privacy delle persone che assistono? Una specie di obbligo al segreto professionale? Io me lo sono domandato, nella difficoltà concreta di poter interloquire privatamente con un’amica che mi rappresentava la difficoltà di potersi esprimere in libertà.
La risposta è sì.
Esiste un codice deontologico di comportamento (Norma Tecnica Uni 11766/2019), che obbliga alla non divulgazione delle informazioni sensibili cui vengono a conoscenza durante lo svolgimento del loro lavoro.
Seppur esista, però, le persone con una disabilità tale che non consente loro che pochi attimi di solitudine, avvertono queste presenze, seppur necessarie ed indispensabili per la loro salute, come un pericolo alla propria riservatezza, alla segretezza delle proprie conversazioni, al bisogno di potersi liberamente esprimere, senza la preoccupazione di doversi auto-censurare.
LA MIA PROPOSTA in tema di iinclusione, disabilità e neurodivergenze per Grosseto.
Cosa si può fare perché questa percezione smetta di costituire un disagio effettivo?
Un’amministrazione comunale potrebbe incentivare la conoscenza di queste normative sia alle persone che ricevono assistenza che a coloro che la forniscono, coadiuvati con gli enti pubblici e privati che offrono questi servizi.
Essere a conoscenza dei propri diritti e dei propri obblighi è un passaggio fondamentale affinché quei diritti siano tutelati e quegli obblighi maggiormente rispettati.
CONSULTA SULLA DISABILITA’: SI O NO?
Su questo c’è da aprire senz’altro un dibattito.
L’amministrazione uscente ha istituito la consulta sulla disabilità. Addirittura, da ultimo, prevedendone un garante.
Se sia necessario conservare la consulta o meno, credo che debba essere deciso di concerto con coloro ai quali quella consulta è rivolta, stilando obiettivamente i pro e i contro di ogni scelta.
Ho però, consentitemelo, una certezza: se mantenuta, la Consulta sulla disabilità così come è oggi, proprio non funziona.
Bisogna intervenire con impegno, dialogo ed ascolto.
Ma è soprattutto con proposte tangibili, fattibili e realizzabili, che questa stessa consulta può funzionare.
Ho scelto di candidarmi per il consiglio comunale perchè credo fortemente che questi strumenti possano essere migliorati.
Solo con attenzione costante e spirito di iniziativa i vari progetti potranno raggiungere ottimi risultati.
#perchinonhavoce #politichesociali