Ho presentato un ordine del giorno all’attenzione del Consiglio Comunale di Grosseto, che riguarda i “Reati contro la persona”, in particolare l’art. 609 bis c.p. primo comma “Violenza sessuale”, ove si legge: “Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da sei a dodici anni.”
Da premettere che la cornice edittale della pena è stata modificata dall’art. 13 comma 1 della L. 19 luglio 2019 n. 69 (c.d. Codice Rosso). Esistono aumenti di pena, le cosiddette aggravanti se i fatti ivi previsti sono commessi con specifiche modalità o nei confronti di determinati soggetti. A prevederle è l’art. 609 ter c.p.
Tra queste, però, non è previsto l’aumento della pena se l’aggressore utilizza strumenti informatici volti a registrare la violenza, sia per utilizzo personale che per la sua diffusione e divulgazione.
Ed è alla luce dei diversi casi di violenza che si sono registrati nel nostro Paese e che hanno visto la vittima subire non solo l’atto in sé, ma lo stesso stupro più e più volte consapevole che quella violenza sarebbe stata vista e rivista e lei l’avrebbe subita ancora ed ancora, che è necessario intervenire anche da questo punto di vista.
Perché la violenza è violenza. Punto. Ma non possiamo trascurare come si sta evolvendo e le forme più subdole che sta assumendo che non possono non trovare corrispondenza in una normativa che risulti attuale e pronta a contrastarle, sia in forma di prevenzione ed in funzione di deterrente che per rispondere a livello sanzionatorio in maniera proporzionale ed anche perché il danno subito dalla vittima sia riconosciuto come tale e non venga in nessun modo sminuita la sofferenza patita.
L’ordine del giorno muove da questa presa d’atto, ovvero che la violenza sta assumendo forme sempre più complesse che arrecano a chi la subisce un danno fisico tangibile ma un danno psicologico inimmaginabile.
Vedi i casi ed episodi di violenza ed abusi in cui gli aggressori hanno voluto immortalare quei loro atti criminosi come fossero un trofeo da esibire; mentre per le vittime non erano altro che la replica infinita di una violenza senza fine.
Quante volte una donna deve sentirsi abusata sapendo che il suo carnefice custodisce per sé quel video?
Per non parlare di quando ed è accaduto, purtroppo, quel video viene condiviso e circola tra chat, social e la patre oscura del web.
La nostra normativa tutela pienamente la vittima da tutto questo?
Ci sono diverse disposizioni nel nostro codice penale che in qualche modo si avvicinano a quella tutela che con l’introduzione di quest’aggravante si vorrebbe attuare, ma si diversificano d questa così lasciando un vuoto da colmare.
Ad esempio l’art. 612 ter Codice Penale è titolato “diffusione illecita di contenuti sessualmente espliciti”, noto come Revenge Porn.
Persegue la condotta di chi realizza o sottrae e poi diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate. Si tratterebbe, quindi, di immagini e video a sfondo sessuale in cui gli atti si presumono consensuali. Tutt’altro rispetto al reato di violenza sessuale, in cui elemento costitutivo del reato è l’assenza del consenso della vittima. Non si siamo nel contesto della violenza. Si tratta pur sempre di una disposizione inserita dall’art. 10 comma 1 della L. 19 luglio 2019 n. 69, c.d. Codice Rosso, perché evidentemente queste condotte hanno ovviamente catturato l’attenzione del legislatore, ponendo l’accento sulla gravità della diffusione di tali immagini e video.
Sempre a tutela della vittima della diffusione di tali contenuti è la contravvenzione prevista dall’ art. 734 bis del codice penale. Questa disposizione fa riferimento ai reati sessuali e punisce chiunque divulghi, anche attraverso mezzi di comunicazione di massa, le generalità o l’immagine della persona offesa senza il suo consenso. Chiunque. Non si inasprisce la pena all’aggressore ma si rivolge e per fortuna colpisce chi diffonde la violenza mettendo a repentaglio la privacy della vittima.
Perché nasce, quindi, questa proposta di introdurre un’aggravante ulteriore a quelle già previste dal codice penale in tema di violenza sessuale?
Perché lo stupro non è violenza solo fisica.
Perché la donna non subisce lo stupro psicologicamente soltanto una volta.
Perché se la donna è consapevole che quello stupro può essere rivisto sia da suo aggressore che addirittura da terzi, continuerà a subirlo e questo deve essere punito.
Sempre convinta che la violenza si combatta con la prevenzione e con un cambiamento culturale significativo al quale evidentemente ancora non siamo pronti o non dimostriamo di esserlo e che introdurre l’educazione sessuale nelle scuole quale materia obbligatoria possa essere un tassello fondamentale nel quadro del contrasto alla violenza di genere, in questo caso agiamo nel post violenza.
Quando, infatti, parliamo di vittime e persone offese vuol dire che la violenza è già avvenuta e non siamo arrivati in tempo.
Allora prevedere un aumento di pena nel caso della ripresa dell’atto sia se ad uso e consumo dell’aggressore ed ancora più significativo nel caso della sua diffusione possa fungere sia da deterrente che garantire quella certezza della pena tanto invocata e di cui tutti parlano. Anche se la vittima resterà comunque tale.
L’Ordine del Giorno è stato approvato in Consiglio Comunale il 29 ottobre 2024. Tutti i consiglieri hanno votato a favore, ad eccezione di un astenuto.